Sartù di riso

“O’ riso scaldato era na zoza. Fatt’a sartù, è tutta n’ata cosa. Ma quale pizz’e riso, qua timballo! Stu sartù è nu miracolo, è nu sballo. Ueuè, t’o giuro ‘ncopp’a chi vuò tu: è chiù meglio d’a pasta c’o rraù!”
Il Sartù è un piatto tipico della cucina napoletana a base di riso. A Napoli il riso è arrivato dalla Spagna insieme agli Aragonesi che arrivarono per prendere possesso del regno di Napoli. Questo alimento molto più economico del grano, non era amato dai napoletani che lo avevano soprannominato sciacquabudella o sciacquapanza. A quel tempo da mangiafoglie i napoletani si stavano traformando in mangiamaccheroni e il riso così come arrivato nel regno di Napoli si spostò subito al nord dove c’era più acqua per coltivarlo, e fu subito apprezzato. I nobili francesi che amavano questo prodotto arrivato dall’Oriente, cercarono di divulgare la cultura del riso. Ma per i napoletani era solo un prodotto per curarsi solo se si aveva mal di pancia o per la degenza dovuta al colera, che in quegli anni colpiva spesso la popolazione. I cuochi napoletani, che si erano impratichiti nelle cucine d’Oltralpe chiamati in dialetto napoletano, Monsù, ricavato da Monsieur, cercarono di trovare modi nuovi di proporre il riso e renderlo piacevole ai nobili napoletani dell’epoca. Ed ecco che nacque un riso condito con pomodoro o ragù, con sopra delle melanzane fritte, dei piselli, delle uova, delle polpettine, che avevano il compito di arricchire così il riso per renderlo più appetitoso. In questo modo entrò a far parte della cucina delle famiglie nobili, e pur rimanendo un piatto per ricchi passò, lentamente anche sulle tavole dei poveri. Dal francese” Sur tout “cioè sopra tutto, piano piano il popolo lo trasformò in Sartù, ed entrò a far parte della cucina popolare napoletana.
Qui puoi leggere una ricetta di Sartù di riso