I mangiafoglie
Nel 1649 nacque Antonio Latini grande cuoco italiano cresciuto nelle cucine del cardinale Barberini a Roma. Grande dell’esperienza maturata nelle cucine dei nobili dell’epoca scrisse ” Lo scalco alla moderna, o vero l’arte di ben disporre i conviti.” Fra le ricette ve ne propongo una scritta al modo dell’epoca. In pratica questo è il primo manuale che si conosca che racchiude in parte la cucina napoletana.
«Si piglia una gallina e si mette a bollire insieme con la vacca, quando questa sarà più che mezza cotta, accioché la gallina non si disfaccia; e vi si mettono dentro lingue salate di porco, ma bollite, carne salata che prima sia stata a mollo, una soppressata, un pezzo di filetto, un pezzo di ventresca di porco, ossa mastre, annoglio, un pezzo di lardo battuto con il suo sale, a proporzione; e quando saranno le sopradette robbe cotte, metterai il brodo che raccoglierai dentro un tegame, tagliando le sopradette robbe in fette e la gallina ancora o cappone; tenendo ogni cosa da parte, metterai nel brodo un terzo della sudetta robba tagliata, e poi v’aggiungerai torzi ripieni, cocuzze e cipolle parimenti ripiene di vitella battuta con rossi d’ova, un poco di mollica di pane ammollato nel brodo, passarina, pignoli, a suo tempo, acini d’agresta e il pastume che avrai fatto servirà per riempire tutte le sopradette robbe, con le solite spezierie ed erbette odorifere. Vi potrai anche aggiungere la lattuga o la scarola ripiena; l’altra carne che sarà restata, l’anderai accomodando con ordine dentro il tegame o in un altro vaso, framezzata con fettarelle di fianchetto ripieno, con zizza prima bollita, salsiccia spaccata per metà; levatele la sua pelle, fette sottili di cascio parmiggiano grattato, fonghi di Genova, prima dissalati e bolliti con ossa mastre, avvertendo che sia il brodo buono, che sarà una minestra di buon gusto …»
In quanto al nome “Mangiafoglie” purtroppo era attribuito ai napoletani a cui la carestia non lasciava altro. Per capire come erano le cose all’epoca basta solo dire che la festa dell’albero della cuccagna era la festa più agognata dai poveri. In pratica era un palo di legno sporco di grasso, quindi scivoloso, con sopra una griglia a cui erano appesi prosciutti, salami, caciotte e altri generi alimentari. Chi riusciva ad arrampicarsi si guadagnava il diritto di impadronirsi di un pezzo. Poi piano piano grazie al porto dove transitavano i prodotti che arrivavano dalle Americhe, le condizioni dei napoletani migliorarono, e le possibilità individuali migliorarono. Grazie alla farina i napoletani diventarono “Mangiamaccheroni” termine che i tedeschi attribuiscono a tutti gli italiani ancora oggi.